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Parliamo di Sviluppo Sostenibile

13-02-2023

Parliamo di Sviluppo Sostenibile

Tendiamo a pensare che l’attenzione per l’ambiente sia nata negli ultimi anni, un po’ come se fosse una nuova moda giovanile. Certo, perché il nostro immaginario ‘ambientalista’ è popolato da movimenti super giovani come Fridays For Future (2018) o manifestazioni di piazza in cui larga parte dei partecipanti sono giovani ragazzi e ragazze. E, in effetti, la personificazione della sostenibilità è la giovane Greta Thunberg con le sue bionde treccine e il visino rotondo e arrabbiato. Ma è solo questo?

Il tema della sostenibilità è diventato un tema iper-stressato solo a partire da una decina d’anni: è entrato prepotentemente nei supermercati, nei negozi di cosmetica, nelle grandi catene di abbigliamento, nell’ambito food e in mille altre attività commerciali che puntano su questo valore per fare il bene del pianeta e ancora più spesso per fare soldi, anche se a volte le due cose vanno di pari passo. 

In realtà l’idea di rispetto per l’ambiente e per le sue risorse ha origini molto più lontane: è stato un lungo percorso di presa di coscienza collettiva che, fra alti e bassi, solo recentemente è salito agli onori della cronaca (e ancora non abbastanza).

«Ecology is a modern concept with numerous antecedents in antiquity» ha scritto Robert Sallares, esperto di mondo antico. Basti pensare che nella cultura classica l’ambiente naturale era considerato ‘sacro’, luogo privilegiato dell’attività divina e come tale trattato con riverenza. Con il tempo e con l’avanzare della civiltà, questo senso di sacro rispetto per l’ambiente si è andato un po’ perdendo. Soprattutto nelle culture del mondo occidentale ciò che era sacro è stato sostituito da ciò che era funzionale alle esigenze di una popolazione in continua espansione, fino a essere quasi completamente messo da parte per fare spazio a un progresso sconsiderato, che aveva come unico obiettivo la crescita economica.

La nascita della società industriale è stato uno spartiacque per l’umanità e per il pianeta e ha segnato il principio del benessere di cui possiamo godere oggi. Eppure, ora che siamo arrivati al punto in cui l’innovazione segue una crescita sempre più esponenziale, sentiamo l’esigenza di riflettere sullo sviluppo che stiamo vivendo.

Ci stiamo rendendo conto che lo sviluppo, per essere davvero tale, non può essere solo umano e non può essere solo economico, così come non può essere solo sociale e non può essere solo ambientale. E soprattutto, lo sviluppo, per essere tale, non può valere solo per le generazioni attuali, ma deve tenere conto anche di tutti coloro che erediteranno ciò che stiamo costruendo ora. Ma anche questa non è un’idea del tutto nuova: le tribù Irokoses, stanziate nel Nord America da metà 1400 fino a fine 1800, chiedevano che i loro capi-tribù, all’atto di prendere una decisione, valutassero come primari anche i bisogni delle generazioni future. Oggi, a distanza di due secoli, queste considerazioni stanno diventando centrali nelle agende dei governi di tutto il mondo: quello che un tempo era ‘sacralità dell’ambiente’ e ‘rispetto per l’ambiente’ si è evoluto nel concetto attuale di ‘sviluppo sostenibile’. Ci stiamo arrivando con un po’ di ritardo rispetto agli Irokoses, ma ci stiamo arrivando.
Quindi, come è nato il concetto di ‘sviluppo sostenibile’?

Già Malthus, nel suo ‘Saggio sul principio di popolazione’ del 1798, proponeva il termine ‘sostenibilità’ intendendolo come attenzione al rapporto tra le risorse limitate del pianeta e le necessità della popolazione. Con l’immagine di un grande banchetto della natura dove i nuovi arrivati devono essere respinti da quelli che vi sono già seduti a causa della mancanza di cibo per tutti, l’economista inglese sosteneva che – se la popolazione cresce in modo esponenziale, mentre la produzione di alimenti cresce in modo lineare – la capacità ricettiva di un territorio è destinata a collassare.

Ma una riflessione più complessa e approfondita sul rapporto tra sviluppo e sostenibilità, anche e soprattutto a livello internazionale, arriverà molto più tardi. È, infatti, solo negli anni ’80, segnati da alcuni disastri ecologici globali legati ad attività umane volte al progresso e alla crescita economica, che si comprende la necessità di conciliare da un lato l’enorme necessità di risorse di cui l’umanità ha bisogno e dall’altro la conservazione dell’ambiente, cercando di evitare il più possibile il suo degrado e favorendone invece la rigenerazione.

È nel 1987 che si ha una definizione precisa di che cosa sia lo Sviluppo Sostenibile. In questa data, viene pubblicato quello che ormai è conosciuto come ‘rapporto Brundtland’ e che in realtà si chiama ‘Il futuro di noi tutti’, redatto dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, presieduta da G. H. Brundtland.

In questo rapporto si definisce, ufficialmente e per la prima volta, che lo Sviluppo Sostenibile è uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.

Con questa definizione si vuole sottolineare lo strettissimo legame che c’è tra sviluppo e ambiente: l’uno non esiste senza l’altro, perché l’uno non è possibile senza l’altro. Rincorrere lo sviluppo economico non ha senso se non si considera la necessità fondamentale di preservare l’ambiente in cui viviamo, e tutto ciò non ha uno scopo se non si agisce nell’ottica di un miglioramento del benessere sociale. Ecco allora che lo Sviluppo Sostenibile è lo sviluppo che è insieme economico, sociale e ambientale. Ed è solo in questo modo che si costruisce un futuro che sia veramente ‘di noi tutti’.

A questa definizione hanno fatto riferimento tutti i documenti e le conferenze globali successive fino all’adozione, nel settembre 2015, dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile, un documento in cui si stabilisce il programma d’azione dello Sviluppo Sostenibile.
Data dopo data, grazie alle ricorrenze istituzionali e ad una crescente consapevolezza collettiva, lo Sviluppo Sostenibile è riconosciuto come l’unica alternativa all’attuale modello di sviluppo, come ‘filosofia’ a cui aderire per salvare il nostro Pianeta. Un progetto globale, un’intesa comune che riguarda ogni cittadino della Terra al di là di provenienza, storia, anno di nascita e cultura.

- Sallares R., Ecology of the ancient Greek world, Cornell University Press, 1991

- Malthus T. R., Saggio sul principio di popolazione, Einaudi, 1798

- Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, Il futuro di noi tutti, Bompiani, 1988

 -Agenda 2030 https://unric.org/it/agenda-2030/